Elvis: il nuovo capolavoro di Baz Luhrmann

 

Un Baz Luhrmann decisamente in forma torna in sala con una nuova fenomenale pellicola: Elvis.
Uscito nelle sale il 22 Giugno e distribuito da Warner Bros. Pictures, questo scintillante racconto della vita del re del rock and roll Elvis Presley, guida lo spettatore in un turbinio di suggestioni lasciandolo continuamente estasiato.

Il film parte da un giovanissimo Elvis che viene quasi scelto dalla musica, che gli dona forza, come fosse un superpotere.
Incontriamo il ragazzo pieno di sogni che non riesce a cantare senza muoversi, che lascia ogni nota sprigionarsi in lui frizzante ed intensa come una bottiglia di Pepsi appena stappata.
Lo vediamo vivere i suoi primi successi, infrangere le regole, innamorarsi, trovare nel cinema nuova ispirazione e riportarla alla musica nel 68, dove quasi rinasce. Ci dimentichiamo quindi del ragazzo ingenuo che abbiamo conosciuto per la prima ora del film e ritroviamo un Elvis giovane si ma più maturo e consapevole, che sceglie per se stesso. Lo conosciamo poi attraverso le fragilità del padre e le sue, che non riescono a liberarlo dalla figura di Parker, sempre più dannosa per la sua vita. Fino a viverne il tramonto, che riprende ritmo solo sul palco, perchè per quanto la sua vita stesse andando a rotoli, la musica non ha mai smesso di sostenerlo.

La colonna sonora come per ogni film di Baz Luhrmann è una vera esplosione di gioia. Come nella vita di Presley, la musica nera regna sovrana e ci guida lungo tutto il percorso. Non mancano contaminazioni azzeccate e audaci non solo stilistiche ma di epoca, nulla viene escluso: tempo, melodia e spazio trovano forma glorificandosi tra di loro, con originalità ed intelligenza.
Tante sono le collaborazioni per questa eccentrica soundtrack, partendo dal nostro orgoglio italiano i Maneskin, a Eminem, Kacey Musgraves, arrivando a Doja Cat e Shonka Dukureh.
Troviamo Butler prestare anche la voce cantata (e che voce!), in particolare nella prima parte della pellicola, in quanto le vecchie canzoni, registrate in mono, fossero difficili da ottimizzare per il film. Dal ComeBack del 68 godiamo invece della sensazionale voce del vero Elvis sapientemente miscelata a quella di Butler, in particolar modo per legare i momenti live.

Un cast di tutto rispetto capitanato da Austin Butler (Elvis Presley) e Tom Hanks (Colonnello Tom Parker). Il primo risplende di una luce abbagliante inondando la cinepresa di talento e sincerità; il secondo si presta forse per la prima volta ad un personaggio manipolatore, corrotto e ambiguo, una splendida prova per Hanks.

Tra tanti registi Luhrmann aveva davvero grande chance di poter raccontare in modo perfetto questa storia, complice il suo stile barocco, ridondante, camp. Un regista che come Elvis non ha mai avuto paura delle sperimentazioni, delle contaminazioni, di raccontare le storie grazie a frizzanti e azzardati giochi musicali. Non ci sono vie di mezzo, o lo si ama o lo si odia, proprio come fu per Presley negli anni 50.  Il montaggio e lo stile registico del visionario regista australiano, come il viaggio musicale, detta regole nuove e ritmi altalenanti, parlando quasi al posto dei personaggi. Coinvolgente, elettrico ed appagante.

Austin Butler (che non spiccava in progetti quali Shannara, Carrie Diaries) dimostra finalmente cosa è in grado di fare ed interpreta Elvis in un modo esemplare, fresco e rispettoso. Non sfocia mai nell’imitazione, pur riprendendo minuziosamente sguardi, movenze e vocalità dell’artista. Non è e non vuole essere un tale e quale, tende quasi ad evocarlo con garbo e cura. Lo caratterizza senza mai essere grottesco. Nel magico mondo camp che ha intorno e di cui è la marionetta di punta, porta tanta verità nel personaggio.

Interessantissimo il fatto che la narrazione venga affidata a Parker, il più (giustamente) odiato dai fan di Elvis. Ne racconta le debolezze in modo meschino, cinico e da buon imbonitore detiene i fili del suo burattino in modo dolcemente agghiacciante.
Lo si stima per la sua inventiva, lo si compatisce per le sue dipendenze e lo si condanna per non aver dato importanza all’uomo che aveva di fronte, ma solo a ciò che poteva ottenere dall’artista.

Ne consiglio inoltre la visione in originale che ben più celebra la crescita di Elvis e permette davvero di capire quanto lavoro il giovane attore abbia fatto sul personaggio. Insomma, i 12 minuti di standing ovation a Cannes se la sono proprio meritata.
Il film non è perfetto. Tante inesattezze si mischiano a parti poco approfondite e qualche occasione mancata, ma vi dirò, ne vale la pena lo stesso. Da vedere rigorosamente al cinema!

DA NON PERDERE SE:

Ami i Biopic (o simili)

Ti piacciono i film musicali

Gradisci lo stile eccentrico del regista o dell’artista che viene raccontato

PUOI EVITARLO SE:

Non apprezzi le pellicole troppo lunghe (2h e 40 min)

Se hai odiato Moulin Rouge molto probabilmente anche questo non ti piacerà

Non ami i ritmi serrati e altalenanti in una pellicola