Consapevolezza come arma di salute

di REDAZIONE WELLTRIBUNE.IT · PUBBLICATO 27 GENNAIO 2019

Aumentano alcune patologie, aumentano i farmaci (e i loro prezzi!) e i relativi consumatori, anche giovani. Certa medicina continua ad assumere una funzione di cura più che di prevenzione. Eppure il suo inventore – Ippocrate – diceva: “Rendi medico il tuo paziente”. Come? Non spingendolo solo a prescrivergli pasticche ma insegnandogli come non ammalarsi… Se si torna in salute, si ha meno bisogno di farmaci e anche di vedere meno lo specialista. Ci sarebbe un cambiamento epocale della medicina se le persone fossero edotte su alcune semplici cose, tipo il cibo. “Siamo quello che mangiamo”, diceva sempre Ippocrate, e tanto era vero secoli fa, quanto lo è oggi con i cibi raffinati, modificati e pieni di sostanze di sintesi. Nei secoli, a più riprese eminenti scienziati riportavano l’attenzione sulla centralità della persona nel suo complesso, sull’importanza di riportare al centro degli interessi la propria salute, e sull’unità mente-corpo nell’individuo. “Non la volontà bensì l’immaginazione è la prima delle facoltà umane”, diceva l’inventore dell’effetto placebo Emile Coué, nonché padre di movimenti e metodi quali il pensiero positivo, la visualizzazione, il training autogeno di Schultz, l’analisi transazionale (AT) e la programmazione neurolinguistica (PNL). Medico molto stimato, con grande zelo scientifico, applicò le sue scoperte mettendole al servizio dell’umanità, spesso in forma gratuita. Fu uno dei primi studiosi ad accorgersi che l’essere umano non può essere considerato solo dal punto di vista clinico o trattato solo a livello farmacologico, poiché racchiude un complesso sistema psicofisico che deve essere mantenuto sempre in armonia. Non solo elaborò delle teorie ma ebbe anche il merito di averle messe in pratica mostrando al mondo intero che si possono sfruttare le potenzialità della mente per operare guarigioni. Una visione olistica e prospettica, dove la persona impara l’ autoguarigione. E poi Moshe Feldenkreis – ispirandosi a lui – perfezionò questa teoria sul piano motorio, ma ne parleremo meglio in un altro articolo. Il nostro è un Paese con pochi giovani, e i pensionati sono la maggioranza: non tutti sanno che per gli effetti collaterali dei farmaci muore l’11% degli italiani, dopo le malattie cardio circolatorie, il tumore e l’Alzheimer, secondo una recente indagine di Federanziani. Grande il risparmio per la collettività, se si applicasse una vera medicina preventiva. I farmaci più venduti sono, oltre agli anti ipertensivi, quelli per gastrite, ulcera e reflusso gastrico. Ma torniamo a Ippocrate, secondo il quale sarebbe più intelligente – e socialmente utile – semplicemente mangiare meglio per ammalarsi meno. Secondo recenti teorie, è sufficiente togliere carboidrati insulinici invece di assumere – a vita – per esempio, la metformina, non priva di effetti collaterali. Ragazzini con in tasca l’Oki (complice anche il nome accattivante) farebbero meglio a mangiare meno nei Mc Donald’s, vista la stretta correlazione – ormai provata – dell’effetto infiammatorio a livello sistemico degli zuccheri (intesi come pane, pasta, pizza, patate e non solo dolci). E’ noto che una dieta ricca di verdura, proteine nobili e sali minerali non provoca alcuna disbiosi intestinale, riportando il microbiota (circa 1kg di microrganismi che colonizzano il nostro intestino) ad una condizione sana, come spiega il dott. Silvio Danese, responsabile del Centro per le malattie croniche intestinali di Humanitas (fonte: Corriere della Sera Salute del 17 settembre 2018). Se solo si dicesse di più e meglio che i glucidi, cioè i carboidrati sono i principali killer per il cuore, come conferma PURE (Prospective Urban Rural Epidemiology), la ricerca condotta dall’Università di Hamilton, in Ontario e pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet (fonte: ANSA 29 agosto 2017): i risultati delle analisi su oltre 135.000 individui provenienti da 18 paesi a basso, medio e alto reddito, nello studio prospettico epidemiologico dimostrano che e’ l’elevata assunzione di carboidrati a determinare un maggior rischio di mortalita’ cardiovascolare. I sintomatici (intesi come farmaci) non curano la causa ma l’effetto, distruggendo – per esempio – flora batterica utile (come alcuni antibiotici). Nel vecchio continente, all’allungamento dell’aspettativa di vita non è corrisposta una miglior qualità della stessa. La medicina ha delegato la farmacologia alla cura delle persone, quando suo compito primario sarebbe quello di fornire gli strumenti culturali di autosufficienza e consapevolezza alle persone, che da cittadini liberi e sani sono diventati malati cronici e pigri.

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